L’elaborazione della depressione nel gruppo e il rito collettivo, in La psicoterapia di gruppo con pazienti psicotici e borderline, Funzione Gamma, 2001

· Individuo e Gruppo
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L’elaborazione della depressione nel gruppo e il rito collettivo, in La psicoterapia di gruppo con pazienti psicotici e borderline, Funzione Gamma, 2001

L’ipotesi di un particolare bisogno dei gruppi umani (e del microgruppo analitico) di elaborare la depressione attraverso la pratica di uno specifico ritualismo volto al commiato e al seppellimento degli oggetti perduti, trova conferma nelle discipline antropologiche, nel mito, nel culto religioso e sembra idoneo alla concezione temporale di tipo longitudinale, ciclico e ripetitivo che presiede alla stabilità e alla organizzazione della vita dei gruppi. Sembra che nel gruppo i sentimenti depressivi vengano per un verso evitati e per un altro verso riconosciuti o ricreati lentamente, fino a che possano essere vissuti ed elaborati. Inoltre è specifico del gruppo il fatto che tali sentimenti o stati mentali per loro natura tendano a frammentare l’esperienza e a renderne vuota o inutile la condivisione e che per questo la loro presenza è avvertita in particolare come una minaccia all’attività principale e più specifica del gruppo, quella della messa in comune e della produzione di affetti confortanti e rafforzanti e di idee pronte ad arricchirsi di diversi contributi e libere di circolare. La depressione sembra attaccare questa consuetudine o questa attesa e può essere più temuta di altri tipi di attacchi. Affinché questa condizione possa essere attraversata senza troppo terrore o delusione, il gruppo dovrà produrre gli elementi utili a formare un rito, riconoscibile ed esclusivo, per mezzo del quale l’accesso ai sentimenti di perdita divenga meno spaventoso e la loro elaborazione non tenda verso l’esplosione e il vuoto. L’esperienza della perdita si ripete in diverse forme nel tempo del gruppo: dalla richiesta di alloggiamento e legittimazione iniziale dei contenuti angoscianti, al bisogno di fare un deposito e una iscrizione degli oggetti riconosciuti e propri, perché creino fondazione, continuità, tradizione e memoria del gruppo: mentre la conoscenza e l’esperienza si vanno affinando, il lavoro del lutto – la sua ripetizione, il suo ritorno, la certezza di esserci – si plasma, si arricchisce, si rende più acuto e sensibile, si collega con tutti gli aspetti che competono alla vicenda del gruppo; l’ascolto e la condivisione lo rassicurano e lo approfondiscono. Allora possono comparire le prime “oasi nel deserto” della paura; la costruzione e l’interiorizzazione divengono più attive, si può sviluppare di nuovo la fiducia e la tenerezza e si può abbandonare la quota più unilaterale del narcisismo gruppale, a favore di un contatto più sincero e realistico. Nel gruppo, la “posizione depressiva”, quando nasce da un commiato ordinato, da un rito di seppellimento collettivo, può trasformare profondamente la trama mentale e affettiva dei suoi elementi.